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COMUNICATO STAMPA 25 NOVEMBRE 2020 I PERITI AGRARI E PERITI AGRARI LAUREATI HANNO VOCE IN CAPITOLO LE RAGIONI “PER” UNA NUOVA CONVENZIONE AGEA -CAA

Il Collegio Nazionale dei Periti Agrari e Periti Agrari Laureati è Ente di Diritto Pubblico Non Economico a carattere associativo istituito per garantire il rispetto dei principi della legge, delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela dell’utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione, pertanto non è consentito che il Collegio si esprima e tuteli i liberi professionisti ma è obbligo degli organi pubblici interloquire affinché siano applicate le norme deontologiche e siano attuati i principi di sussidiarietà.

In queste settimane abbiamo consumato, forse, la più tragicomica delle rappresentazioni gestionali della Politica Agricola nel Nostro Paese. Non possiamo nascondere che la parte principale l’ha recitata il direttore di AGEA, Papa Pagliardini, cercando inutilmente di legittimare ciò che non trova un solo “indizio” favorevole, né sotto l’aspetto gestionale, né sotto l’aspetto relazionale e di servizio.

Come non condividere la necessità di AGEA, nel quadro delle sue scelte strategiche, di favorire, progetti, realizzando “l’evoluzione dei sistemi tecnologici di rilevazione … e della necessità di rafforzare la funzione e l’utilizzo dei dati degli agricoltori contenuti nel SIAN”.

Le Regioni del Nord lo fanno da tempo e le Università, le rappresentanze sociali e sindacali, le Istituzioni Regionali utilizzano quei dati per “pianificare” politiche, azioni a favore del comparto agroalimentare. Quei dati vengono forniti da CAA di tutti i livelli che rispondono ai requisiti fissati dalla legge.  Eviterei di accasare i CAA, credo che non aggraderebbe l’Europa una simbiosi fra rappresentanza sindacale e CAA., che potrebbe apparire strumentale e di parte. I CAA, l’AGEA e tutte le Agenzie Regionali rispondono ad un servizio pubblico, non privato. Tenere sotto scacco i CAA con una convenzione calata nel bel mezzo della pandemia a annata conclusa e con quattordici giorni per firmare e incassare “quanto è dovuto” può essere definito un blitz.

L’AGEA invoca la necessità di definire una “rigorosa disciplina agli accessi al sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)?” Ancora una volta ci ritroviamo d’accordo su questo principio, salvo che quel rigore non risponde a nessuna condizione di “efficientamento” della gestione del Servizio offerto dai CAA. Le Regioni con proprie Agenzie lo dimostrano. Forse è proprio AGEA che dovrebbe essere riformato, forse sciolto, unendolo a ISMEA.

Ma il fatto estremamente grave è il rilevare contraddizioni che sembrano trovare risposta nelle piene dei fiumi, pensando di trovare un qualche guado. Riteniamo totalmente inutile, fuorviante recuperare i principi di imparzialità amministrativa se proponessimo al direttore Papa Pagliardini d’essere indennizzato al triplo di quanto percepito da ogni sede CAA (vista la qualità del suo lavoro se lo merita). Prendersi in giro non è mai un buon esercizio, e fissare il tetto massimo delle imprese per ogni CAA a 350 (aziende vere), e non sapere che ad ogni sede viene riconosciuta la lauta somma di circa € 3.500,00 (variabile ma non troppo a seconda delle superfici aziendali) significa pensare che la stabilizzazione di migliaia di persone oggi impiegate con contratti occasionali venga fatta, forse, con nuovo contratto AGEA (saldi professionali pandemici, i raider dei CAA).

Se il Parlamento decidesse di costituire un unico CAA pubblico, con un numero di dipendenti oscillanti fra i 2.500 e i 3.000 (zone svantaggiate comprese), avrebbe un costo di circa 100 milioni di Euro a cui andrebbero aggiunti i costi strumentali e di gestioni delle sedi e con un servizio che andrebbe tutto verificato.

L’AGEA, inoltre, poteva risparmiarsi di riportare che solo il 6% del totale dei fascicoli aziendali di AGEA fanno capo ai CAA che fanno riferimento a vario titolo (AGEA forse non lo sa ma ve né uno solo: l’iscrizione agli Albi e Collegi - correggo Ordini e Collegi ovvero Albi) alla libera professione riconosciuti dalla Costituzione e regolata da leggi dello Stato, se non altro per la circostanza, che in questo Paese i liberi professionisti, , operano per tutti i CAA italiani, circa 30, ripeto trenta, con tutte le tutele normative.

Pensare di colpire la rappresentanza libero professionale non risponde a nessuna legge di efficientamento del modello.

Non si lede l’autonomia organizzativa, finanziaria e contabile di un Ente pubblico se quell’ente ha difficoltà “gestionali” dovute a proprie carenze strutturali, organizzative, funzionali, gestionali e fors’anche finanziarie.

La Trasparenza non è la filigrana dei nostri errori per nasconderli, almeno nel buio, ai più.

Ed a poco serve pararsi dietro un parere, pur legittimo, di un ente come AGMC, se le domande che vengono poste sono unidirezionali e se nello stesso periodo ci si rende sordi a sollecitazioni bipartisan del Parlamento, umiliandolo.

Ed infine, ottima la collaborazione di AGEA con il Ministero dell’Interno nell’ambito del programma operativo legalità. Forse sarebbe stato opportuno che per specificità di competenze analoga collaborazione fosse stata stipulata con il MIPAAF e CUFA (Comando Carabinieri Biodiversità e Parchi, Forestali, Ambientali e Agroalimentari), senza dimenticare che gli Ordini e i Collegi sovrintendono alla corretta applicazione del codice deontologico con propri Consigli di Disciplina.

Il rosario delle contraddizioni di chi cerca giustificazioni e depistaggi per un modello nazionale in difficoltà è facilmente recitabile, inveire sui deboli è sempre un cattivo esercizio, ma il nostro Paese non può tollerare che estemporanee iniziative assumano il sapore di una interessata, sin troppo interessata, iniziativa personale, forse condivisa da chi non sa cos’è la biodiversità anche sociale e non conosce l’efficienza e la qualità che liberi professionisti sono tenuti e chiamati a dare alla qualità dei servizi pubblici. In Europa la chiamano sussidiarietà.

 

Il Presidente

Per Agr Braga Mario

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